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Il passato esiste solo nel presente

Quante volte abbiamo sentito ripetere che il passato esiste solo nel presente. L’affermazione risuona per tutto il pianeta come un un corno da caccia nella foresta, eppure milioni di noi vivono, anzi rivivono ogni giorno come il giorno della marmotta, reso celebre in tutto il mondo dal film con Bill Murray del 1993, Ricomincio da capo.

Ogni giorno milioni di persone ricominciano da capo, come nel film, stessa ora, stessa radiosveglia, come se nulla fosse mai accaduto prima. Ma solo per gli altri.

Invece, come nel film, la vita quotidiana di milioni di esseri umani è uguale al giorno precedente: stessa insoddisfazione, stessa sofferenza, stesso malcontento, stessi sogni infranti e, soprattutto, stessi pensieri che raccontano storie passate: “lei mi ha fatto quello, lui mi ha detto così, …”

Ognuno di noi crede che le esperienze vissute nel passato siano uniche, che nessun altro abbia sofferto, provato dolore, collezionato esperienze negative come noi.

Da un lato questo ci fa sentire vittime di una storia unica. Dall’altro, abbiamo l’occasione di non sentirci completamente soli. Questo accade quando comunichiamo con chi ha vissuto esperienze simili alle nostre.

Quando vestiamo i loro panni, scopriamo che emozioni e sofferenze sono identiche, stesso dolore anche se causato da vicende o persone diverse.

Come nel film, ogni giorno il passato si presenta come se gli eventi fossero appena accaduti, non riusciamo a smettere di rivivere quei momenti, nella convinzione che rimuginare su torti e sofferenze ci avvicinerà a una soluzione, li farà cessare di tormentarci oppure riusciremo a liberarcene per sempre.

Vivendo nel nostro passato ogni giorno, invece, diamo forza ai traumi subiti, facciamo rivivere le esperienze che chiamiamo negative mentre sono opportunità di crescita; il nostro mondo si popola di fantasmi, trasformandolo in quella realtà che esiste solo nella nostra mente.

immagine di mani di donna anziana e giovane donna

Perdonare i torti del passato

Il perdono non cancella gli eventi traumatici. Sono accaduti, è innegabile. Ciò che li rende insopportabili e imperdonabili è la nostra reazione al trauma stesso.

La storia che abbiamo iniziato a creare intorno al trauma da qual momento in poi è fatta di pensieri, giudizi, condanne, senso di impotenza o di colpa, desiderio di vendetta, odio profondo, speranza che qualcuno ci chieda perdono o che cambi come persona e diventi improvvisamente buona e che ci ami, confessi di aver sbagliato.

Una storia dove noi siamo autori, attori, registi e pubblico. Ma la cosa importante è che siamo noi stessi gli autori di quella storia e come tali possiamo cambiarla come e quando vogliamo perché la riviviamo ogni giorno nella nostra mente. Proprio come nel film Ricomincio da capo.

Perdonare è possibile quando riusciamo a “vedere” l’essenza di chi ci ha fatto del male, a separare chi sono come forma umana da chi sono al di là di essa, di un nome, di un volto, di un corpo, di un ruolo.

Riconosciamo che siamo stati vittime di altre vittime, le loro azioni sono scaturire dal loro limitato grado di consapevolezza. Altri esseri umani come noi ci hanno fatto inconsapevolmente del male, sovente scaturito dalla stessa sofferenza che loro hanno provato.

Quando riusciamo a separare la loro forma umana dalla loro vera essenza, quel male che abbiamo subito può svanire, quasi come non fosse mai esistito.

Se osserviamo i nostri aguzzini senza aggiungere giudizi e condanne vediamo che sono consumati da malattie e vecchiaia: della loro incosciente aggressività e rabbia verso il mondo è rimasto solo il nostro rimuginare il passato, il nostro essere bloccati come una statua in un momento preciso del nostro passato.

Dire che il passato esiste solo nel presente significa anche questo: ricordare chi ci ha ferito per ciò che ha fatto e provare risentimento e rabbia verso l’immagine che di loro abbiamo costruito nella nostra mente; della persona che erano spesso rimane solo un corpo che invecchia. Nonostante ciò, nella nostra mente resta intatta l’immagine di quel giorno, di quel trauma.

Come un film che ci piace moltissimo, rivediamo le stesse scene di continuo, giorno per giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Rinnoviamo il piacere nel caso di un bel film ma nutriamo la sofferenza nel caso di un trauma subito.

Noi, la rabbia e gli altri.

Chi soffre quando facciamo rivivere quei traumi con pensieri che somigliano ad album di fotografie che non smettiamo di sfogliare ogni giorno?

Siamo noi  a soffrire, non gli altri, non chi ci ha ferito o fatto del male psicologicamente o fisicamente.

Lo spiega chiaramente Gelon Thubten, intervistato dal Dr Rangan Chatterjee nel suo podcast dal quale ho tradotto una specifica parte dell’intervista che puoi vedere anche se non conosci l’inglese perché entrambi parlano abbastanza lentamente da consentire a YouTube una traduzione italiana affidabile.

Se vuoi leggere solo il testo, dopo il video puoi leggere la traduzione italiana del brano che voglio condividere.

Domanda
“Emozioni e rabbia sono qualcosa che vediamo molto intorno a noi nella società.
Nel libro, Handbook for Hard Times: A monk’s guide to fearless living – in inglese da Feltrinelli, si afferma che possiamo provare solo rabbia se abbiamo già il potenziale per farlo dentro di noi e la rabbia porta ad ulteriore rabbia”.

Risposta
Quando parlo di rabbia, il punto che sto cercando di esprimere è che spesso ci arrabbiamo con qualcuno o per qualcosa e ciò che è molto importante è guardare alla rabbia stessa anziché alla cosa o alla persona con la quale siamo arrabbiati. Finché non lo facciamo, la rabbia resta solo un’abitudine che si moltiplica e si alimenta diventando sempre più rabbia.

Quando parlo di rabbia, intendo un’intera gamma di esperienze, rabbia, antipatia, odio, ma anche solo leggera irritazione e può essere con una persona, con una cosa, con una sensazione fisica del corpo, solo un senso di antipatia e questo genera ancora più rabbia e ci sembra di non riuscire mai a “liberarci da essa” finché non guardiamo alla rabbia stessa.

Quindi, quando dico che possiamo provare solo rabbia se abbiamo il potenziale per farlo, intendo che c’è la capacità in noi di provare rabbia e che sta bollendo dentro di noi e poi arrivano cose che la scatenano o la risvegliano.

Guardare alla rabbia stessa attraverso la meditazione è come si elimina la narrazione “sono arrabbiato perché mi ha fatto questo o quello” e si medita sulla sensazione nella propria mente che spesso è anche fisica, si sente una sorta di rabbia e irritazione dentro di sé o un senso di freddo dentro di sé e quando si medita su di essa, concentrandosi su di essa senza cercare di aggiungere storie, senza cercare di allontanarla ma solo sentirla così com’è, la rabbia o un’altra sensazione spiacevole inizierà a trasformarsi, a sciogliersi, a muoversi ed è così che si trova la libertà dentro la rabbia.”

Domanda
Alcune persone diranno che ho tutto il diritto di sentirmi arrabbiato perché quella persona mi ha fatto questo.

Risposta
Certo, ma poi chi sta soffrendo? La persona se n’è andata, ha fatto quello che ha fatto e sì, potrei dire che sono giustificato, sto provando rabbia, ma ora chi sta soffrendo?

Sto soffrendo ogni volta che la mia mente sprofonda nella rabbia. Mi sto re-traumatizzando, quindi il perdono non riguarda effettivamente l’altra persona, non gli stai dando il perdono. Il perdono si manifesta quando lasci cadere quel fardello, quell’esperienza.

Il Buddha lo ha descritto come tenere una brace calda in mano. La tieni in mano e ti bruci, ma se metti giù la brace, non ti brucia più. Quindi, quando puoi lasciar andare la tua rabbia, non significa che hai perso la battaglia o che hanno vinto loro o che li hai autorizzati ad abusare di te, significa che ti stai liberando da quella rabbia o da quella colpa o da quel senso di disperazione o “perché proprio io”, ti stai liberando dalla sofferenza.”

Come fa quella persona a sorridere e dire che mi vuole bene dopo tutto quello che mi ha fatto! Com’è possibile che non ricordi quel giorno? Sta fingendo? No, non finge, è stata sempre così. È stato sempre indifferente e aggressivo.

Quando viviamo nel passato ogni momento, non vediamo le persone e le cose che ci hanno ferito come sono nella realtà: restiamo ancorati alla loro immagine nella nostra mente e quell’immagine rappresenta qualcosa o qualcuno che esiste solo nei nostri ricordi, nei nostri pensieri ricorrenti, nella storia che raccontiamo a noi stessi ogni istante.

Marino Baccarini

Consulente di marketing e comunicazione con una fervente passione per le Scienze Umane. La mia ricerca si focalizza sul comprendere l'essere umano, esplorando le cause e il significato dei suoi comportamenti. Il mio profondo interesse abbraccia le dimensioni spirituali, con una particolare affinità per religioni e misticismo. Ho completato il programma MBSR due volte e già da adolescente ho integrato nella mia vita pratiche come yoga e arti marziali e di recente Tai Chi Chuan. Dedico tempo allo studio e alla lettura approfondita su Mindfulness, filosofie orientali e medicina alternativa. Da anni, mi immergo negli insegnamenti di filosofi e mistici orientali, indiani, cinesi e giapponesi, arricchendo così il mio percorso personale e professionale.